Pasqua! Le domanda è una sola: sei passata/passato da una riva all’altra?
Pasqua vuol dire passaggio, non del Mar Rosso per noi, ma dalla morte alla vita. Anche saltare da un punto ad un altro. I salti più belli sono quelli nel buio: nasci e cerchi il seno di tua mamma, sperando che vi sia; cresci e ami, sperando che duri; cerchi il tuo posto nella vita, sperando di trovarlo e infine fai il salto nel buio sperando di trovare la vita, dopo tanti sorrisi e tante lacrime.
Maria Maddalena il giorno di Pasqua si avvia alla sua spaventosa scoperta: trovare una tomba vuota. Il massimo dolore o sfregio che una persona possa vivere dopo l’angoscia della morte, non trovare il corpo su cui piangere e avere il timore che sia stato trafugato.
Un incontro, con gli occhi velati di lacrime, un uomo sconosciuto lì seduto: donna perché piangi, chi cerchi?
La Parola conosciuta sveglierà la Maddalena dal dolore e dallo smarrimento.D’altronde nel buio riconosciamo prima i suoni dell’amore che la vista: quante moto passano in una notte, eppure una mamma riconosce il rumore del figlio che torna; quante macchine, eppure si riconosce il rumore di chi si ama, persino gli animaletti domestici si appressano alla porta ad un solo rumore, quello del passo di coloro ai quali anelano. Nella notte piccoli rumori si avvicendano, ma alcuni sono un boato per le nostre attese.
Ascoltare l’Amato è il passo antecedente a saperlo presente e vivo.
Il Signore la rassicura, ed Ella risponderà: Maestro mio.
Lo diceva bene il Cantico dei Cantici: oh una voce, il mio diletto!
Adesso inizia una corsa frenetica per annunciare
che il Signore è risorto, ma tutti si reagisce allo stesso modo raggiungere la tomba, controllare i lini. Si corre più ora, di quando aveva bisogno. Sarebbe bastato guardare gli occhi della Maddalena. Non si accorge forse una mamma se il suo figlio è innamorato prima che egli lo dica? Non si accorge una persona scaltra sé chi parla sta mentendo?
La Parola data ha il peso di chi la dà, non sarebbe stata così confusa la mattina, se la notte l’avessimo trascorsa serena. Il risultato di una persona che sai con certezza che se non è lì, è certamente dove ti ha detto di essere è la Pace, non l’ansia. L’ansia è il sospetto o la certezza che una cosa possa finire male. Ma fino ad ora niente è andato diversamente da ciò che davanti ai loro occhiè stato detto e fatto. Ma è più facile credere al malaugurio che al buon augurio. Quando ha detto stanotte uno di voi mi tradirà, nessuno ha pensato non è vero, ma: “chi è di noi?”. Ora che avrebbero dovuto respirare la chiusura di tutto questo male, il preconcetto dell’orribile permane. Perché la nostra natura è non avere Pace.
Nuovamente sarà lui a doversi ripetere più volte e farsi presente e il suo saluto sarà: “visto che non avete mai pace, vi do la mia pace”. Sarà il servo che ha sofferto a dover ancora una volta non solo salvare le anime dei suoi, ma anche gli stati d’animo, le loro angosce e i loro dubbi e dolori.
La Pasqua è lo sforzo di far entrare la pace dentro i nostri cuori sempre in fibrillazione, sempre chiusi in angoli angusti a calcolarne la base e l’altezza, piuttosto che cercare la via d’uscita dal labirinto del nostro noioso vivere faccia al muro.
“Pace a voi… Pace a voi” continuerà tutto il giorno fino a sera, perché si senta la differenza tra la morte e la vita.
Don Antonio Tamponi