È stata una celebrazione intensa e toccante quella del Giovedì Santo nella parrocchia della Sacra Famiglia concelebrata dai sacerdoti della parrocchia, don Roberto Spano e don Clemente e presieduta dal parroco don Andrea Raffatellu. La chiesa, gremita di fedeli, ha accolto i riti della Messa in Coena Domini in un clima di raccoglimento profondo e viva partecipazione.
Già prima dell’inizio della celebrazione, un angolo vicino all’altare attirava lo sguardo e il cuore dei presenti: una tavola apparecchiata come per l’ultima cena, semplice ma solenne, segno visibile del memoriale che si stava per vivere. Una mensa che parlava da sola, capace di evocare il mistero dell’amore spezzato e donato.

Durante la Messa, le letture hanno scandito i momenti salienti della Passione imminente, accompagnando l’assemblea verso il cuore della celebrazione. Durante l’omelia, don Andrea ha rivolto parole profonde sul significato dell’Eucaristia, cuore pulsante di questa sera. Ci ha ricordato che spesso riceviamo questo dono immenso quasi senza rendercene conto, come se fosse un gesto abituale, quando invece è il più grande atto d’amore che ci sia mai stato donato.
L’Eucaristia è infatti la presenza viva di Gesù tra noi, è il suo corpo spezzato, il suo sangue versato: un’alleanza nuova e definitiva, sigillata non più con il sangue di un agnello pasquale, ma con il sangue dell’Agnello di Dio, Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione ha cambiato per sempre la storia dell’umanità.
Don Andrea ha poi sottolineato l’immagine di un Dio che si fa servo, che si china ai piedi dell’uomo, che non si impone ma serve con amore, fino a consegnarsi completamente, fino a dare la propria vita. Un Dio che ci invita a fare altrettanto, a spezzarci anche noi per amore, ogni giorno, nella vita di tutti i giorni. Don Andrea ha poi rinnovato uno dei gesti più forti e carichi di significato dell’intera Settimana Santa: la lavanda dei piedi. A dodici bambini, chierichetti scelti tra i più piccoli della comunità, è stata lavata con delicatezza e amore la polvere del cammino, proprio come fece Gesù con i suoi discepoli nell’ultima notte della sua vita terrena. Un gesto che insegna, che spoglia di ogni pretesa di potere e riporta tutti all’essenza del servizio e dell’umiltà. Un gesto che, nelle piccole mani e nei volti stupiti dei bambini, ha ritrovato tutta la sua freschezza evangelica.
Questo gesto semplice e disarmante della lavanda dei piedi, racchiude il cuore del Vangelo: nessuno è troppo in basso per essere raggiunto dall’amore di Dio.

È questo il significato profondo del Giovedì Santo: un Dio che si dona, si spezza, si inginocchia, per rialzarci e salvarci. Un Dio che ci invita a fare altrettanto, a spezzarci anche noi per amore, ogni giorno, nella vita di tutti i giorni. L’atmosfera era carica di silenzio e ascolto. Il profumo dell’olio, le parole del Vangelo, il canto dolce del coro parrocchiale che e gli occhi lucidi dei presenti hanno trasformato la liturgia in un vero memoriale: non una semplice commemorazione, ma un rivivere, un lasciarsi attraversare dalla presenza viva del Signore che spezza il pane e si dona ancora. Non è mancato il momento della colletta della Caritas, perché l’amore celebrato si traduca in gesti concreti verso i più bisognosi, come ci insegna proprio il Maestro nella sera del dono.
Questa notte è iniziato tutto: l’Eucaristia, il sacerdozio, l’ora della decisione. Tanti i fedeli che si sono fermati in preghiera davanti al Santissimo e a quell’altare spoglio che ha lascia un vuoto ma che parla di attesa e passione. Alle 21.30, nella penombra raccolta della chiesa, si continuerà ancora a e meditare silenziosamente davanti alla tavola dell’Ultima Cena: un momento di veglia e preghiera, un Getsemani vissuto insieme, accanto al Signore che si prepara al sacrificio.
Un quarto d’ora, una notte, una vita: tanto basta per restare con Lui. E in quella veglia, ognuno ha potuto dire col cuore: “Non è stato vano, Signore. Il tuo amore ci ha raggiunti ancora”.
Antonella Sedda