Mer. Apr 2nd, 2025

Don Antonio: “Non basta stare in piedi per essere giusti: è il frutto che conta”


Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,1-9

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Partendo da due fatti di cronaca, uno riportato e l’altro a memoria di Cristo, sorge sempre la domanda illusoria dell’uomo: se a me le cose stanno andando bene, vuol dire che sono buono. Questa visione di Dio che punisca immediatamente nella storia i cattivi e che, soprattutto, chi ha ricevuto frustate dalla vita sia cattivo certificato, al Signore non va bene affatto. Men che meno che uno si prenda il salvacondotto semplicemente perché non si è mai esposto a lavorare nella vigna spinosa di questo mondo.
Come essere davanti ad un fico improduttivo: Egli
non si chiede se farà frutti cattivi o buoni, quel fico è ingiustificabile perché proprio non ha dato nessun modo di pensare di essere vivo. Quel fico guarda il mondo, ben arredato dalle sue fronde, ma sono gli altri alberi che, provando a dar frutto, ora fioriscono e altre soccombono, ma non è affatto detto che chi è caduto sia colpevole o, comunque, più colpevole di chi inutilmente vive la vita facendo mostra di sè e mostro degli altri.
Di qui il monito che abbassa le creste: non crediate di essere migliori degli sfortunati, dei malandati di questo mondo, perché potreste cadere sotto le pietre di un crollo storico e nessuno terrà conto del vostro nome, ma sarete anche voi rilegati in gruppi di numeri dalla cronaca eterna.
Questa mentalità è fuggiasca rispetto a scendere nel campo, perché in realtà cerca di salvare il proprio prestigio o posizione o posa culturale, ma non si è presa nessuna responsabilità, non crede nell’eternità e dunque tutela a mani strette la sua posizione invecchiando nel nulla. Che non è la certezza di un biglietto per il paradiso. Non fa frutto e si interroga sui frutti altrui, freschi o passati che siano.

Don Antonio Tamponi

By G&A

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