Ven. Gen 31st, 2025

La Sardegna che lavora e che deve sperare: breve diario di un continentale

La bellezza della Sardegna toglie il respiro, ma tra le sue bellezze colpisce la sua operosità, nascosta in piena vista, immediata solo se la si sa guardare. Per la mia prima visita all’isola, giugno 2024, scelsi di arrivare in nave per godermi lo spettacolo dell’alba in un lento avvicinamento dal mare: Olbia, il porto immenso, i container, i camion, gli aerei attorno, le fabbriche e poi, in alto, il campanile di “San Ponziano Papa”, la parrocchia salesiana della città, di cui sarei stato ospite, i salesiani che – storicamente – sono stati i primi nell’Italia moderna a introdurre il concetto di formazione sul lavoro.

Insomma: bello il mare, belle Tavolara e Molara, bello il cielo e i colori, però quel primo impatto mi ha fatto subito ricordare che la Sardegna è terra di lavoro e di impresa, la Sardegna è genius loci e opportunità, molte ancora in potenza ma che tutti, fuori e dentro il continente, abbiamo il dovere di far crescere. Troppe volte quando si parla di Sardegna in generale, superficialmente, il tema del lavoro non emerge o, se lo fa, emerge solo in chiave negativa: la fuga dei giovani, la crisi demografica, il lavoro che manca. Eppure, per quanto sia difficile crederlo, è un racconto parziale che però ha un enorme peso culturale: quello di portare sfiducia e incrostare nel pessimismo le sorti di un territorio. Un racconto non di certo “isolato”, ma che spesso circola indistintamente nell’intera nostra Italia.

Per fortuna, nel Giubileo della Speranza, ci viene chiesto di essere non banalmente ottimisti, ma di cercare le ragioni per ancorarci tra le tempeste della vita e un buon modo per farlo è ragionare sui numeri che riguardano il lavoro, partendo da Olbia e la Gallura per poi allargarci su tutta la Sardegna. Olbia intanto è l’unica città sarda a non essere colpita dall’inverno demografico: nel 2024 ha raggiunto circa 61.500 abitanti e ha registrato un incremento dello 0,53% nella popolazione nel 2024, una mosca bianca nell’isola, ma che, appunto, dà speranza. Più persone attirano più imprese, e viceversa, ed ecco che nel 2023, la provincia di Olbia ha registrato il maggiore aumento percentuale di imprese in Italia, un dato interessante contro la narrativa della “fuga” dall’isola e che fa della Gallura il 21% della ricchezza di Sardegna. Ma vediamo a ciò che offre dal punto di vista industriale e non solo.

Partiamo ovviamente dal turismo, visto che Olbia è la principale porta d’accesso alla Costa Smeralda: abbiamo hotel, ristoranti e servizi di intrattenimento, contribuendo significativamente al PIL della città e creando numerosi posti di lavoro come, del resto, è in Sardegna dove il turismo rappresenta il 15% della ricchezza prodotta, ben 5 punti in più della media nazionale. Ma, ovviamente, non c’è solo turismo e la Gallura ben rappresenta questa varietà di imprese che caratterizzano il territorio: costruzioni, agricoltura e pesca, industria manifatturiera (specie nautica) e servizi.

Sono tutte “forze” del territorio che vanno considerate per sperare un po’, ma come si alimentano? Con una buona formazione, andando intanto a integrare il sistema produttivo locale in quello scolastico ed educativo (in particolare attraverso università, istituti tecnici e professionali, gli IeFP e i “nuovi” ITS Academy), ma poi andando a recuperare tutti i giovani in difficoltà, da chi ha semplicemente sbagliato scelte formative fino a chi viene da situazioni di fragilità molto forti, in alcuni casi li chiamano NEET, in altri dovremmo chiamarli, smettendo di far finta che non sia così, semplicemente: poveri. La povertà non si combatte con redditi o sussidi, in una Repubblica fondata sul lavoro bisogna combattere la povertà formando sul lavoro e per il lavoro. E di lavoro ce n’è tanto, anche se pochi lo sanno.

Per capire le opportunità che un territorio offre, senza cadere in luoghi comuni disperati, basterebbe ogni mese andare a consultare i Bollettini del Sistema Excelsior di Unioncamere, sempre aggiornati per provincia. E si scopre, ad esempio, che tra gennaio e marzo 2025 in provincia di Sassari servono per le imprese presenti più di 11mila persone, quasi 2mila in più rispetto all’anno precedente. Per un 29% si tratta di operai specializzati, per un 19% di tecnici specializzati, ma anche e soprattutto professionisti e impiegati1. 3mila persone in questi tre mesi saranno necessarie per il turismo, quasi 2mila per le costruzioni, oltre mille per il commercio, il resto per produzione di beni e servizi. Numeri importanti ma che fanno emergere un dato: tra gennaio e marzo 2025, in provincia di Sassari, il 52% di queste figure è di difficile reperimento, in alcuni casi introvabili, specie se si tratta di profili tecnico-scientifici.

Ma come è possibile che le imprese fanno così fatica a trovare persone, con quasi 6mila posti disponibili nel primo trimestre 2025, mentre Sassari segna, come provincia, un 27% di disoccupati tra i 15 e 24 anni? Come è possibile che in tutta la Sardegna, nel medesimo trimestre, non si troveranno metà delle 29mila persone che potranno essere assunte nelle imprese? La risposta, anticipata prima, è appunto la formazione e l’integrazione educativa tra scuole, centri di formazione professionali, università, ITS Academy e imprese. Comunità educante e produttiva che si contaminano. È un’azione lenta ma che porterà risultati, forse non subito, anche attraverso una novità: la sperimentazione “4+2” – partita con la Legge 121 del 2024 – che consentirà in un quadriennio di istituto tecnico l’accesso diretto agli ITS.

È quanto dall’anno prossimo sarà possibile fare a Sassari grazie all’adesione dell’istituto agrario Pellegrini in partnership con l’ITS TAGSS, ma in tutta l’isola stanno nascendo sperimentazioni di questo tipo che, messe in un processo di sviluppo territoriale, potranno fare la differenza nei prossimi anni.

In sintesi: prima di lamentarsi e perdere la speranza, bisognerebbe guardare – da dentro e da fuori – il contesto economico del proprio territorio e coglierne le potenzialità partendo dalla formazione e dalle imprese.

Da un occhio “esterno” vi posso dire che queste potenzialità sembrano molteplici, bisogna “soltanto” metterle insieme e farle integrare, che facile non è. Ma, d’altronde, anche San Paolo ammoniva i Corinzi, parlando della metafora del corpo, ricordando che se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo» non per questo non farebbe parte del corpo.

Ecco, per aiutare una città e un territorio bisogna riconoscersi in un solo corpo, materiale e spirituale, come ci ricorda il Vangelo, ma anche l’articolo 4 della nostra Costituzione, riconoscersi come diritto, ma come dovere, per dare, ciascuno, il proprio contributo alla società.

Alfonso Balsamo, Adviser Education di Confindustria

  1. https://excelsior.unioncamere.net/excelsior-bts/document/bollettino/month/12890 ↩︎

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