La seconda lettura di questa III domenica del tempo ordinario è tratta dalla Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (12,12-30), che ci offre un insegnamento di straordinaria attualità. San Paolo descrive la Chiesa come un corpo unico, formato da molte membra. Ogni parte è indispensabile, unica e con una funzione specifica. Questo corpo vive nella solidarietà: se una parte soffre, tutte soffrono; se una parte è onorata, tutte gioiscono. Un’immagine che, se ci fermiamo a riflettere, racchiude una verità universale che supera i confini della fede.
Nel nostro tempo, caratterizzato da individualismo e frammentazione, questa metafora ci chiama a riscoprire il valore della comunità. Viviamo in una società in cui la competizione spesso prevale sulla collaborazione, eppure siamo tutti profondamente interconnessi. Pensiamo agli eventi globali: la pandemia ci ha mostrato come la sofferenza di un popolo possa influenzare il mondo intero; il cambiamento climatico ci ricorda che ogni nostra azione ha ripercussioni sull’ecosistema, di cui tutti siamo parte. Non siamo isole, ma membra di un unico corpo umano, interdipendenti e chiamati a prenderci cura gli uni degli altri.
Nel concreto, questo messaggio ci invita a guardare con nuovi occhi alle nostre comunità. Come rispondiamo alle necessità di chi soffre accanto a noi? Siamo capaci di farci carico delle fragilità altrui, di ascoltare chi è rimasto indietro, chi si sente escluso o non valorizzato? La Parola di oggi ci sprona a superare le divisioni: a scuola, sul lavoro, nei nostri paesi e nelle città, siamo chiamati a essere costruttori di ponti, non di muri.
San Paolo ci esorta anche a riconoscere il valore della diversità. Proprio come in un corpo, ogni membro è importante, così in una comunità ogni talento, ogni esperienza, ogni prospettiva contribuisce al bene comune. Questo è un messaggio potente, soprattutto in una realtà come la nostra, in cui la paura del “diverso” rischia di prevalere. Invece, dobbiamo vedere la diversità come una ricchezza: ognuno ha un dono da offrire, e tutti insieme possiamo realizzare qualcosa di grande.
Infine, questa lettura ci invita alla responsabilità. Se una parte soffre, ne soffriamo tutti. Ignorare la sofferenza degli altri significa indebolire l’intero corpo. Non possiamo restare indifferenti davanti alle disuguaglianze sociali, ai conflitti, alle ingiustizie. Dobbiamo sentirci parte di un progetto comune, di un’umanità unita che cerca il bene di tutti, senza lasciare indietro nessuno.
Oggi, questa pagina della Scrittura ci offre una prospettiva di speranza. Ci ricorda che, nonostante le nostre fragilità e i nostri limiti, insieme possiamo essere forti. Riconosciamoci membra di un unico corpo, impegnandoci ogni giorno a vivere in solidarietà, valorizzando ciò che ci unisce e abbracciando ciò che ci rende diversi. Solo così possiamo davvero testimoniare che un mondo migliore è possibile.
Antonella Sedda