L’Istituto Euromediterraneo è una scuola, nel senso etimologico e classico del termine.
“Scuola” deriva dal latino schola e dal greco scholè. Essa esprime un tempo, una esperienza di libertà, di riposo, di ozio. Gli “scolari” sono quegli esseri umani che interrompono le attività pratiche quotidiane per riposare e coltivare il rapporto con il proprio pensiero, con il cuore, nella riflessione, nel ragionamento, e così attendere alle occupazioni più nobili, poiché marcatamente più umane, quelle interiori, spirituali.
In fondo, l’Euromediterraneo non ha grandi ambizioni, se non quest’unica prospettiva: essere un tempo, un luogo, una esperienza di libertà, di riposo, di riflessione, di dialogo, per arricchirci interiormente, spiritualmente.
Tutte le attività dell’Istituto cercano di perseguire tale scopo.
Con questo interessante contributo di Massimo Terrazzoni, che ringraziamo, vogliamo condividere una serie di riflessioni a partire dalla realtà, da questioni di attualità, che sollecitano in noi il movimento del ragionamento e forse anche della discussione, sempre desiderabile.
Sperando di fare cosa gradita nel voler condividere questa proposta con voi, cari amici dell’Iem, aspettiamo con trepidazione le vostre reazioni, frutto di nuove e preziose meditazioni.
Don Giorgio
Giubileo: speranza piena di immortalità!
Massimo Terrazzoni
La sera del 24 dicembre 2024 il Papa Francesco ha aperto la porta santa nella Basilica di San Pietro in Roma. Questo gesto così ricco di significato e fonte di grandi emozioni ha segnato l’inizio del giubileo dell’anno del Signore 2025. Tutti, sicuramente, abbiamo in mente idee, vocaboli, esperienze, immagini che evocano il Giubileo. Occorre chiedersi tuttavia cosa sia il “Giubileo”, detto anche “Anno Santo”. Possiamo rispondere affermando, senza pretesa di essere esaustivi, che è un tempo di grazia particolare, in cui Dio offre con maggiore forza e chiarezza la Sua misericordia; un momento salvifico in cui il Signore offre la possibilità di ripartire con Lui, l’opportunità di ritrovare l’Essenziale, che abbiamo rischiato di perdere per strada, tra i tortuosi percorsi del nostro pellegrinare in questo mondo. La parola Giubileo nasce dal termine ebraico Yobel, termine che indicava il corno di ariete che si suonava per annunciare il Giubileo che ogni cinquanta anni la legge di Mosè prevedeva per il popolo di Israele. Per Israele era un tempo particolare di riconsiderare il suo cammino, di riposo della terra, di liberazione di chi era in cattività. Insomma un anno in cui attraverso liturgie e segni concreti Israele riconsiderava chi era Dio, e chi era lui per Dio.
Dopo i tanti Giubilei che Israele aveva vissuto, nella pienezza dei tempi, Dio con l’Incarnazione di Gesù, il Figlio amato, compie il giubileo di grazia, di salvezza e di piena e totale riconciliazione. Ancorata a quel grande, solenne e decisivo giubileo inaugurato dal Signore Gesù, la Chiesa nei secoli ha celebrato i suoi Giubilei. Eventi fatti di preghiera, di segni, di gesti ed eventi che aiutino l’uomo a riconsiderare il suo rapporto con Dio, con sé stesso, con il fratello e persino con la creazione.
Il Papa francesco nella bolla di indizione del Giubileo del 2025 dal titolo “Spes non confundit” ha richiamato i vari segni del giubileo: l’indulgenza, che non è la remissione della colpa che già ci accorda il sacramento delle Riconciliazione, ma la rimozione delle conseguenze interiori ed esteriori che ogni peccato provoca comunque. L’indulgenza è sicuramente un segno forte, che la Chiesa accorda, per farci sperimentare quanto sia grande ed infinita, verrebbe da dire “esagerata”, la misericordia del Padre; il pellegrinaggio poi verso la tomba degli Apostoli e il passaggio della Porta Santa, segni di movimento esteriore che indicano però una realtà ben più profonda ed esigente, cioè la decisione di camminare verso il Padre, attraversando la porta che è Gesù Unico Salvatore del mondo.
In questo particolare Giubileo il Papa ha voluto che una Parola attraversasse questo evento di grazia: la speranza. Tale speranza, chiaramente, il Papa chiede che sia declinata in segni e impegni concreti quali l’impegno per la pace, la custodia della vita, l’attenzione agli ultimi, la tutela della creazione.
Tre parole della Scrittura, che ci dicono la “speranza”, credo possano aiutarci a cogliere il senso del giubileo, la forza di questo passaggio del Signore nella vita della Chiesa e del mondo, le conseguenze nella vita di ciascuno di questo evento di grazia.
- “Egli è la nostra speranza” (1Tm1,1). La Parola di Paolo a Timoteo con disarmante chiarezza ci dice, non “cosa” sia la speranza, ma “Chi” sia la speranza: essa è una Persona, un Volto, un “Tu” dinanzi al quale porci. In questo “Egli” di Paolo è racchiuso il senso, la motivazione e la forza della speranza cristiana. Il Papa con parole davvero toccanti ribadisce nella bolla di indizione del Giubileo: “La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore il quale scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce.”
Ecco allora che il giubileo prima che pellegrinaggi o pratiche particolari, è ritrovare, riscoprire, ri-alimentare la nostra personale relazione con il Signore Gesù; ritornare a questa fondamentale e fondante relazione. Il vero Giubileo è riprendere in mano la propria vita e riconsegnarla, senza sbavature e timori, senza vergogna né confusione, al Tu del Padre che in Gesù ci ha raggiunto per sempre.
- “La speranza non delude” (Rm5,5) È la seconda Parola che possiamo raccogliere. In questa espressione di Paolo ai Romani è come scolpita la solidità della nostra speranza. Poiché la nostra speranza è Colui che l’Apocalisse chiama il “Testimone fedele”, questa speranza è solida, è ben riposta, è certa, appunto non delude. Forse in questa sua Parola l’Apostolo ci rivela come il sottofondo e il sostegno della nostra speranza sia la fede. Sperare infatti richiede fede, tanta fede, soprattutto fede. Chissà, forse la disperazione che assale il mondo contemporaneo, e spesso anche tanti credenti, ha la sua radice proprio nella mancanza della fede. Quando infatti la fede manca, vacilla, si oscura, non solo non è possibile sperare, ma ancor più, riesce difficile credere che esista una speranza che non delude. Magistralmente scriveva Benedetto XVI nell’enciclica “Spe salvi”: “La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora, sino alla fine, sino al pieno compimento.” Il giubileo allora è grazia di ringiovanire e riscoprire, ri-dire e ri-appropriarsi della fede che rallegra la nostra vita, proprio perché ci ancora non ad una speranza che passa, ma alla Speranza che non delude.
- L’ultima Parola la possiamo raccogliere da un passaggio del libro della Sapienza. L’autore sacro, parlando delle anime dei giusti che da questo mondo son passati all’eternità, afferma.”…la loro speranza è piena di immortalità.”(Sap3,4) Se Cristo è la nostra speranza certo lo è nel tempo, ma questo non deve farci perdere di vista la vera e ultima prospettiva, quella oltre il tempo, al di là del tempo. Il testo della Sapienza, nel momento in cui è stato composto, certo non indicava ancora la fede nella resurrezione, ma sicuramente è per noi invito a non togliere dalla speranza cristiana la dimensione escatologica, il cielo, l’eternità. Ha scritto giustamente in un commento alla Bolla di indizione del Giubileo Mons. Rino Fisichella:” L’insistenza sulla fede e la carità hanno portato l’oblio su contenuti della fede che sono decisivi, primo fra tutti quello della salvezza portata da Cristo e la promessa della vita eterna. La speranza è protagonista in questo orizzonte e averlo trascurato non è servito per la credibilità del nostro annuncio.”
La speranza del cristiano è attraversata e innervata dalla dimensione del cielo, dell’eternità; è piena di vita, di profondità, è collocata nella prospettiva del “per sempre”, non indulge mai al “per ora”. Il Papa Francesco con illuminante chiarezza lo afferma nel testo di indizione dell’Anno Santo:” In virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre con Lui.” (n.19)
Il Giubileo allora è, in questo senso, un dono immenso che il Padre della misericordia ci offre, una opportunità incredibile che la Madre Chiesa ci dona, per riscoprire la bellezza della nostra esistenza credente, la forza del Vangelo di Gesù, la forza e il segreto del nostro credere, amare e sperare. Sicuramente in questa opportunità vivremo l’esperienza che la nostra esistenza sarà illuminata e prenderà coscienza di una conversione reale e concreta da compiere – una speranza cristiana che non ci conduce a cambiare sarebbe illusione non speranza – ma proprio per questa luce la speranza che ci abita sarà forza per altri, sarà ci auguriamo luce per altri, sarà speriamo tentativo di risposta alle domande che il nostro Vescovo ci lasciava nella omelia di apertura del Giubileo nella nostra chiesa diocesana: “Chi colmerà il vuoto di Dio che il secolarismo ha lasciato dietro di se? Chi guarirà la ferita di Dio di cui soffrono alcuni divenuti atei ed agnostici? Chi aprirà agli uomini il cielo che a molti pare chiuso?”
Come il Papa si augura per la Chiesa in questo Anno Santo: “Possa la forza della speranza riempire il nostro presente nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore. Possa la nostra vita dire ai nostri fratelli:” Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.”