Che dire, ancora – se ancora non bastasse – dell’Alighieri? Ebbe: fortuna! Il caso, le congiunzioni stellari, lo vollero cantore, Vate, di una madre lingua che s’inoltrava, notte tempo e timida assai, tra le viuzze abbarbicate delle contrade d’Italia, quella portata, quasi in dono, da menestrelli , lor signori e cavalieri. Quando, ancor, Italia era solo il sogno di un desiderio, i suoi versi, potenti, presero a raccontar quel che era accaduto e quel che doveva accadere.
Dante, esule, fuggiasco, ramingo, come sempre in chiunque si ripete in esilio, echeggiò e più che in Firenze e in Arno. Il Tosco, orgoglioso, da altri prese le ali. In lui fu rabbia e tormento così grandi che Poesia altro non volle, negli anni suoi e dopo la morte, che uscir fuori per “riveder le stelle”.
Ebbe: fortuna, e fortuna divina! Ah, sì, perché, quanto, quanto viaggiò la sua Commedia! Viaggiò tanto e per un sol motivo: tutti, ma proprio tutti, dentro, nelle parole e nei versi, nelle chiare similitudini, incappavano ritrovandosi, specchiavano, leggevano. La propria storia nelle storie. Ah, e che meraviglia, dunque! Che miracolo! E: dove sono? Si dimandavano. Inferno, Purgatorio, Paradiso?
L’Alighieri, allor, molto dev’essersi divertito consolandosi delle pene insonni e del quanto “sa di sale lo pane altrui, e com’è duro calle lo scendere e’l salir per l’altrui scale”.
Sarebbe, dunque, bastato Dante, e la sua vita, Dante, e i suoi versi, e null’altro dopo e dopo ancora, per far Letteratura, unica e definitiva? Sì! Dante, e la sua opera, sarebbero bastati, per l’eternità. Questo sì, eccome! anche se, dopo, un rimpianto avrebbe fatto raggelar il cuore di tutti i Poeti: per quel passero solitario di Recanati, l’altra anima panoramica italica. Per lui, sì, “Primavera dintorno / Brilla nell’aria, e per li campi esulta, / Sì ch’a mirarla intenerisce il core”. Per lui, sì, almeno un Canto in Paradiso.
Sarà anche perché dell’Alighieri, ecco, oggi, s’ode mormorar un grave lamento d’italiano triste e scontento, rabbuiato: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave senza nocchiere in gran tempesta”.
E ditemi, allor e dunque: di che altro abbiam bisogno? Sarà anche per questo, che Dante: c’è necessario? Necessario più… d’internet, del digitale, del green, del bio. Sì, Dante è necessario, perché le sue parole, i suoi versi, sono: mappa stellare, bussola, genesi, principio, radice, sangue, identità, sostanza, senso.
O Beato Dante, canta ancor, ti preghiamo, dalle Alpi ai mari nostri, quel che un dì ti fece osar porre gli occhi tuoi nell’”ultima salute”, affinché anche noi, dalla stessa Salute, veniam trasumanati.
O Beato Dante, forse, non è “l’amor che move il sole e l’altre stelle”?
Sandro Serreri