Questa definizione dogmatica, che trova la sua luce ufficiale nel Concilio di Efeso del 431, in verità era già diffusa nel parlare cristiano, per esempio ad Alessandria d’Egitto. All’Egitto siamo grati anche per la prima antifona mariana: “Sotto la tua protezione, cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio”. Anche se la versione originale greca non dice “protezione” ma “misericordie”, secondo il papiro di Manchester. Questa che recitiamo è la versione romana.
Di fatto ci interessa perché, nello stesso ambiente, con la stessa teologia e lo stesso dogma, Maria è Madre di Dio. Non come lo leggiamo nelle icone (Metèr Theoù), ma Theotokos, genitrice di Dio, Deipara. Questo è il termine adottato.
Come spesso avviene, perché si è dovuti arrivare alla definizione dogmatica del Concilio di Efeso, se non per correggere un errore?
Sì, fu il patriarca Nestorio a sostenere che nel Cristo albergasse il Verbo, ma non considerava conclusa l’unione del Verbo di Dio con la sua umanità.
Questo è molto interessante. Quando la Chiesa ha visto il pericolo di una diminuzione dell’umanità, nel tentativo di salvare il Cristo e renderlo, come dire, più puro rispetto alla scelta che Dio ha fatto di compromettersi con essa, è sempre intervenuta per evitare che si potesse credere che l’unione fosse allegorica e che in realtà Dio prendesse le distanze da noi.
Ora, senza entrare in spiegazioni fuori luogo di un’esegesi teologica che complicherebbe, anziché aiutare il lettore a godere della bellezza della Madre di Dio, godiamoci l’antica festa, che non sempre è stata celebrata il 31 sera e il 1º gennaio per iniziare il nuovo anno. Tempo benedetto che si apre, per tradizione, con il canto del Te Deum, il 31 sera, per celebrare le meraviglie che Dio ha operato affinché l’umanità potesse goderne.
Don Antonio Tamponi