Mer. Gen 1st, 2025

Don Antonio: “Accompagnare i figli con fiducia, non prigionieri delle nostre paure”

29 dicembre Santa Famiglia
Dal Vangelo secondo Luca Lc 2, 41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Quando si entra nell’argomento della Santa Famiglia, si parte dai genitori, come anche oggi nella fenomenologia contemporanea. Come educano, come non educano, come vorrebbero i figli, che libertà vorrebbero per i propri figli e così una lista infinita che parte dall’adulto che declinandosi diviene la forma di ciò che deve essere il figlio. Tutto questo, spesso, è tema anche di omelie che sovvertono l’accento che questo evangelo pone come da considerarsi.
L’esigua pericope che tratta della Santa famiglia, santa perché ospita il santo, poi sarà santa anche perché tutti si lasceranno santificare, ha il suo vertice radicale nell’ultima parte. Proprio dove tutte quelle ansie primigenie vengono soffocate dalla risposta del Cristo adolescente. Ma fermiamoci un attimo.
In uno studio americano, Pew Research Center, è risultato che i genitori tracciano, col telefono, i loro figli fino all’età di 24 anni circa, a questo l’Unicef risponde che l’8% soffre d’ansia e il 4% di depressione. Evidentemente la sorveglianza non è la base attivante della indipendenza matura del giovane nello “spazio aperto”. Pertanto la paura del genitore, non argomentata, ma solo di gestione della propria personale ansia sulla crescita del figlio/a, non è una prospettiva di libertà sicura e pacifica nell’ultimo. Ne abbiamo una conseguenza: bambini iper responsabilizzati e adolescenti deresponsabilizzati. A questo proposito il bambino sviluppa un ego da super eroe, che poi lo chiude in camera in adolescenza a meditare il fallimento, che in primo luogo non è suo.
Gesù adolescente prende le distanze dal metodo educativo dei suoi, rivendicando che la sua vita è un progetto a sé, che primariamente non è la serenità dei genitori, ma la sua crescita globale e diventare ciò che deve essere, semplicemente Gesù.
Il ruolo saggio di Maria e Giuseppe, sarà saper seguire e accompagnare la
Piena realizzazione di Gesù, anche quando per loro non sarà facilmente comprensibile. Cercheranno il bene del figlio, non il loro bene. Lasceranno che il proprio figlio voli con l’ampiezza della sua apertura alare, non con le loro ali.
La vita dei figli non è che siano talentuosi, ma che conoscano i propri veri talenti. Il pericolo è di indicare i talenti nei quali noi abbiamo fallito, togliendo loro la possibilità di realizzarsi come unicum, non come copia mal riuscita. Gli adolescenti devono conoscere successi e fallimenti e provare a volare e cadere, per prendere le misure del proprio possibile volo. Il cotone sulle ginocchia, i genitori, lo passano ai bambini, all’adolescente insegnano come fare, anche se è più faticoso. Per di più manca la carovana, cioè quella comunità educante alla quale era permesso intervenire: maestro, prof., allenatore, zii, nonni. Oggi, per ipertutela, non consentiamo a nessuno di intervenire, neanche ai nostri cari, perché solo noi sappiamo cosa è il bene. Dunque diviene una educazione asfittica, con poche idee e pochi orizzonti, cosa che 2000 anni fa ha rifiutato anche il Cristo. Ha avuto bisogno di confrontarsi con altri maestri, di aprirsi a tutte le domande.

Don Antonio Tamponi

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