A una decina di chilometri dalla città di Gerusalemme sorge Betlemme, il luogo in cui, secondo le Sacre Scritture, è nato Gesù. La cittadina è chiamata, in varie parti delle Sacre Scritture, in modi differenti. Il nome ebraico della cittadina, Bēth Lĕḥĕm, compare nell’Antico Testamento e significa “casa del pane” o “casa della battaglia”, mentre, in arabo, viene tradotto come “casa della carne” (Beit Lahm). In diverse occasioni l’Antico Testamento cita Betlemme e la lega alla figura di Davide, che vi nacque (Rt. 4, 11; 1 Sam. 20,6) e vi fu unto re (1 Sam. 16, 1-13). Come cita il Profeta Michea: “E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele” (Mic. 5, 1); secondo gli evangelisti Matteo e Luca, la città sarà colei che accoglierà la nascita di Cristo (Mt. 2, 1-16; Lc. 2, 4-15).
Sopra la grotta in cui nacque Gesù, per volontà dell’imperatore Costantino e di sua madre Sant’Elena, venne edificata la Basilica della Natività. Ad oggi l’ingresso al luogo sacro è possibile tramite la cosiddetta “Porta dell’umiltà”. Soffermandosi prima di entrare e ammirando le murature, è possibile leggere, attraverso un’analisi archeologica degli elevati, l’evoluzione del complesso. In essi è ancora ben visibile il portale eretto da Costantino nella prima edificazione della chiesa, presumibilmente tra il 326 e il 331 e ampliato da Giustiniano due secoli più tardi. In periodo crociato, l’accesso venne ridotto e, tamponato l’ingresso monumentale, si lasciò un’apertura sormontata da un arco a sesto acuto. Verso la fine del XVI secolo, i francescani decisero di ridurre ancora di più le dimensioni della porta per motivi di sicurezza. In quel periodo Betlemme era in mano ottomana e, per evitare l’accesso ai musulmani con i cavalli, decisero di ridurne l’altezza, portandola a 130 cm. Tuttora “la Porta dell’umiltà” racchiude anche un significato spirituale, poiché, attraversandola, si abbassa il capo e, con umiltà e gioia, ci si avvicina al mistero della nascita di Cristo. Questo ingresso è l’unico rimanente dei tre che consentivano l’accesso al nartece monumentale (parte della basilica tipicamente paleocristiana costituita da un vestibolo addossato di solito all’esterno della facciata o, meno spesso, ricavato all’interno), che poi introduce alla parte interna della basilica. Essa è composta da una grande navata centrale e da due navate più piccole per lato. Le dimensioni del complesso sono notevoli: 53,90 m di lunghezza e 26,20 m di larghezza nelle cinque navate e 35,82 m nel transetto. La copertura è costituita da architravi lignei decorati con motivi floreali. Secondo un’epigrafe, datata al 1169, l’imperatore bizantino Manuele Comneno, il re di Gerusalemme Amalricus e il vescovo di Betlemme Raoul sarebbero i committenti dei mosaici realizzati per adornare le pareti laterali, ancora visibili. Anche le colonne presentano decorazioni a olio databili al XII secolo e, coperti da una pavimentazione lignea rimovibile, si possono ammirare i mosaici pavimentali dell’antico edificio del IV secolo.
All’interno della Basilica vige lo Status Quo. Esso è un firmano emanato dalla Sublime Porta dell’Impero Ottomano l’8 febbraio 1852. Il documento ne riconfermava uno precedente del 1767. Il decreto reale regola gli specifici diritti e le competenze delle tre comunità religiose presenti: quella dei greco-ortodossi, dei cattolici latini (francescani della Custodia di Terra Santa) e degli armeni ortodossi.
Ogni giorno, sin dal 1384, nella Basilica della Natività i francescani svolgono una processione. Essa ha l’obiettivo di condurre i pellegrini all’interno del luogo sacro e di accompagnarli alla scoperta, tramite le varie stazioni, del mistero della nascita di Cristo. La grotta è il fulcro della celebrazione, in cui vi sono tre punti focali. Il primo è il luogo della nascita di Gesù, contrassegnato da una stella d’argento a quattordici punte, posta sul pavimento nel 1717 dai custodi della Terra Santa. Il secondo, raggiungibile da tre gradini, rappresentanti le virtù teologali: fede, speranza e carità, è la zona in cui Gesù fu deposto nella mangiatoia. L’ultimo coincide con l’altare dei magi. La processione, al termine della terza stazione, procede verso un corridoio riservato al rito latino, che collega la Basilica della Natività alle grotte, in cui sono custoditi gli altri altari. Essi sono in tutto sei: quello dedicato a San Giuseppe, ai Santi Innocenti, all’oratorio e al cenotafio di San Girolamo, alle Sante Paola ed Eustochio e al sepolcro di Sant’Eusebio. Il sabato la processione si conclude nella chiesa di Santa Caterina, con l’incensazione dell’altare.
Questo è solo uno dei luoghi simbolo della religione cristiana, in cui spiritualità e materialità si fondono. Ad essi si affiancano edifici di culto come la Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme o la Santa Casa della Madonna di Loreto.
Simone Falqui