Erano 900 le persone che domenica scorsa hanno affollato gli spazi dell’Hotel Maria Beach di Orosei, in occasione del convegno catechistico regionale. Un appuntamento nato dal lavoro dell’ufficio regionale, insieme ai direttori diocesani e al vescovo delegato, monsignor Morfino. «È stato un bel momento di Chiesa – commenta il giorno dopo don Maurizio Mirai, delegato regionale per la catechesi – caratterizzato dalla gioia dell’incontro.
Una giornata intensa, nella quale le parole del presidente della Ces, monsignor Antonello Mura, e quelle di monsignor Mauro Morfino, sono state di sprone per il cammino che ci aspetta».
Al centro dell’appuntamento la questione dei linguaggi nella trasmissione della fede. Un elemento centrale in questo tempo segnato da rapidi cambiamenti nelle forme della comunicazione. La relazione(disponibile in fondo all’articolo) è stata proposta dal professor Fabio Mancini, pedagogista e membro della Consulta dell’Ufficio catechistico nazionale della CEI .
Dodici cartelle dattiloscritte nelle quali il relatore ha proposto linee guida sulle quali orientare il lavoro nelle parrocchie, in modo tale che il messaggio crei le condizioni per una risposta e un’accoglienza della fede, evitando così il distacco, che oggi segna l’azione in tanti contesti. Per Mancini «più cresce il rapporto tra interpretato (che è la fede) e interpretante (ovvero l’uomo), più l’interpretazione si connota come riposta, come riformulazione creativa da parte dell’uomo piuttosto che di mera ripetizione, prassi che spesso conduce ad una fede solo ritualistica o precettistica».
In sostanza una fede significata viene resa significativa. D’altronde «il linguaggio – ha ricordato il professore – deve consentire la comprensione profonda della sapienza della fede, che non è solo il depositum fidei, “la fede trasmessa”, ma la vita stessa nella quale si compie la liturgia della “fede vissuta”».
Uno degli elemento centrali della relazione è rappresentato dal linguaggio come strumento di comunicazione che abbia però al centro la persona. «Il linguaggio – ha detto Mancini – per comunicare in modo autentico la fede deve partire dal bisogno dell’altro, dalla sua richiesta di senso. Un linguaggio che non sia “a misura” di persona, bambino, adolescente, adulto, anziano non è un linguaggio che permette un annuncio autentico, e non consente all’altro di essere interpellato dalla Parola di Dio nella sua vita».
Una trasmissione della fede senza la misura della persona risulta sterile. «La catechesi è proprio questo: annunciare la fede con le parole degli uomini ed i significati di Dio». Mancini ha ricordato, ad esempio, un passaggio della catechesi di papa Francesco sulla trasmissione della fede. «La fede – aveva ricordato Francesco – si trasmette in dialetto, cioè con il linguaggio delle mamme, quel dialetto che le mamme sanno parlare con i figli».
Un linguaggio accessibile e comprensibile a tutti, senza inutili nozionismi.
La giornata di Orosei ha poi visto i tavoli di lavori sinodali, veri e propri laboratori di confronto e proposte per la catechesi. La restituzione in sala del lavoro fatto, ha mostrato la varietà di indicazioni emerse, segno di una vitalità che caratterizza le persone impegnate nel servizio alla catechesi. «Dalla giornata – conclude don Maurizio – sono emersi diversi elementi: tutto verrà rivisto e consegnato ai singoli direttori degli uffici diocesani, e successivamente all’ufficio regionale. Il tutto diventerà poi materiale utile per i prossimi anni».
La conclusione con la celebrazione eucaristica ha suggellato una giornata nella quale le Chiese della Sardegna hanno testimoniato un cammino comune anche nel campo della catechesi.