Il 23 novembre, alle 10:30 nella Cattedrale di Tempio Pausania, Don Cosma Caria sarà ordinato sacerdote per la Diocesi di Tempio-Ampurias. Un momento di grande emozione, che sarà seguito il giorno successivo dalla sua prima Eucaristia nella parrocchia di Nostra Signora de La Salette, a Olbia. Ai primi di dicembre andrà come vicario cooperatore nella parrocchia di Nostra Signora del Rosario a Luras con don Andrea Domanski.
Abbiamo intervistato Don Cosma, 29 anni, di Olbia, laureato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e in Dottrina sociale della Chiesa alla Lateranense. Dopo anni di formazione all’Almo Collegio Capranica di Roma, Don Cosma si prepara con gioia e impegno a questo importante passo, raccontando il suo cammino vocazionale e il ruolo fondamentale della famiglia e della comunità nel sostenerlo.
“Essere sacerdote significa farsi prossimo a chiunque, portando la Parola di Gesù dentro e fuori la Chiesa”, ci ha confidato. Un esempio di fede e dedizione che arricchisce tutta la comunità diocesana.
La tua ordinazione sacerdotale è prevista per il 23 novembre. Come stai vivendo questo momento di attesa e preparazione spirituale?
L’ordinazione sacerdotale è stata fissata insieme con il Vescovo per il 23 novembre alle ore 10:30 nella chiesa cattedrale della nostra diocesi in Tempio Pausania, il giorno seguente, Domenica 24 novembre alle ore 10:00 presiederò la prima Eucaristia nella parrocchia di Nostra Signora de La Salette ad Olbia.
Questo periodo è particolarmente denso di cose da fare, per poter preparare al meglio la celebrazione, e per poterla vivere in modo pieno e sereno. Oltre gli impegni di carattere pratico, non mancano i momenti di preghiera e di riflessione personale e comunitaria. Con molto piacere e gioia aspetto di poter partire per il monastero di Camaldoli dove svolgerò gli esercizi spirituali predicati da Padre Matteo Ferrari, Priore generale del monastero. Certamente il periodo degli esercizi sarà un momento di profonda riflessione e impegno spirituale, in un luogo isolato, in cui la liturgia e gli spazi contemplativi mi daranno la possibilità di fare silenzio dal mondo esterno e di aprire maggiormente il cuore e la mente alla Parola di Dio.
Anche in diocesi non mancheranno momenti di preghiera, in particolare approfitto per ricordare che vi sarà una veglia di preghiera diocesana giovedì 21 novembre alle ore 21:00 nella mia parrocchia di origine, Nostra Signora de la Salette ad Olbia.
Puoi raccontarci il percorso che ti ha portato alla vocazione sacerdotale?
Premetto che parlare di sé non è facile, ma tuttavia cercherò di tratteggiare alcuni fra i momenti principali del mio percorso di vocazione. Ritengo sia stato fondamentale l’esempio che ho ricevuto in famiglia, a partire dai miei genitori, mio padre Pier Luigi e mia madre Maria Grazia, che sono stati per me un modello importante di vita cristiana. Tutta la mia famiglia, ad iniziare dai nonni a me molto cari, ma tutta la famiglia in generale è praticante e la figura del sacerdote è stata vista sempre con grande riguardo e considerazione.
Nella mia parrocchia di origine ho avuto molte guide saggie ed esperte; Don Giuseppe Delogu, il parroco con cui sono cresciuto e che mi ha battezzato, insieme a Don Cesare Delogu che ricordo con affetto e gratitudine e sicuramente dal cielo gioisce. Don Roberto Aversano, persona a me molto cara, che scelsi come padrino di cresima. Don Gianni Sini che con il suo esempio di vita sacerdotale, seria e volta al bene dell’altro, mi ha sempre ispirato e dato fiducia, e per questo gli sono molto grato. Don Rinaldo Alias che mi ha instradato alla vita di ministrante. Un caro ricordo di Don Antonello Tuminello che durante la sua formazione era presente in parrocchia. Negli anni della pandemia ho approfondito il rapporto di amicizia con Don Gian Franco Cascioni di cui ho potuto apprezzare la laboriosità e l’attenzione particolare nella cura della liturgia.
Negli anni delle scuole superiori sono stato chiamato a collaborare come segretario cittadino della pastorale giovanile di Olbia, con Don Theron Casula, con cui abbiamo organizzato diverse iniziative come la tenda giovani, la via crucis cittadina, e alcune iniziative caritative. Sono stati anni belli in cui ho potuto conoscere le realtà ecclesiali della città di Olbia e della diocesi. Contemporaneamente a questo, seguivo i gruppi vocazionali denominati “Giona” organizzati dal seminario diocesano di Tempio, allora retto da Don Paolo Pala. Questi gruppi, organizzati in momenti di preghiera e ritiro, sono stati importanti per la mia vita spirituale, e per determinare le scelte successive.
Con la conclusione degli studi superiori, mi fu chiesto di prendere in considerazione la possibilità di entrare in seminario a Tempio, ma evidentemente i tempi non erano maturi. Ero ancora indeciso e titubante, avevo paura che la strada tracciata non fosse quella giusta, quindi decisi diversamente, ed intrapresi gli studi di economia aziendale presso la Lumsa a Roma.
Nella capitale ho vissuto i primi anni da studente universitario presso il Convito Beato Pio IX, gestito dal Rettore Don Massimo Cavallo. Benché non fosse un seminario, ma uno studentato, ho potuto vivere la vita comunitaria con altri studenti, e ho potuto iniziare un percorso quasi spontaneo di preghiera comunitaria quotidiana. Con un gruppo di studenti frequentavamo quasi quotidianamente la messa interna alla struttura, e la domenica andavamo a messa tutti insieme nella vicina Basilica di Santa Maria Maggiore. Contemporaneamente sono stato accompagnato spiritualmente da Don Alessandro Cossu, il quale mi è stato di particolare sprone nel riprendere l’idea di entrare in seminario. Dopo una certa resistenza, nel gennaio 2015, a metà del percorso di studi di economia, espressi il desiderio di intraprendere il cammino vocazionale in seminario dopo la conclusione gli studi.
Una volta comunicato questo mio desiderio al vescovo diocesano Mons. Sebastiano Sanguinetti, che desidero ringraziare per tutto il bene che mi ha voluto, egli decise di farmi iniziare immediatamente, facendomi conoscere meglio il rettore del Collegio Capranica che allora era Mons. Ermenegildo Manicardi, con il quale iniziammo un dialogo conoscitivo che poi culminò con il mio ingresso in seminario presso l’Almo Collegio Capranica. Di tutto questo la mia famiglia non ne era informata, solo dopo la prima conferma diedi loro la notizia, che fu accolta con serenità e sostegno da tutta la mia famiglia. Lo dico non per vanto ma perché negli anni ho potuto conoscere molti compagni di studio le cui famiglie si dichiaravano praticanti, ma alla notizia di una chiamata alla vita consacrata, si sono dimostrate tutt’altro che felici, e in alcuni casi piuttosto ostili, questo è un elemento di riflessione.
Altre persone che mi sono state vicino lungo la mia formazione oltre la mia famiglia che ringrazio ancora una volta, anche molti parrocchiani di Olbia, e di altre realtà dove ho prestato il mio servizio.
Hai studiato a Roma, come alunno dell’Almo Collegio Capranica, e hai conseguito il baccalaureato in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la licenza in Dottrina sociale della Chiesa presso la Pontificia Università Lateranense, in che modo questa esperienza formativa ha influenzato il tuo cammino verso il sacerdozio?
Certamente la caratteristica principale di questi anni di formazione è la durata, ben otto anni. Anni intensi e impegnativi, non sempre semplici ma molto belli; anni di crescita e di cambiamento, di studio e di preghiera. La formazione alla vita sacerdotale non è facile, ma è bella. L’opportunità di studiare a Roma è certamente grande, perché anzitutto ti mette a contatto con la storia viva della città, per di più si ha la possibilità di vivere in una realtà multietnica e multireligiosa. Studiare teologia presso la Pontificia Università Gregoriana mi ha dato la possibilità di comprendere l’universalità della Chiesa, conoscere molteplici riti che la rendono ricca e bella, vedere situazioni e problematiche lontane dalle nostre e intravedere possibili soluzioni a problemi locali e sociali che affliggono anche il nostro territorio. Questa bellezza di diversità si completa benissimo attorno alla cattedra di San Pietro in cui possiamo trovare nel Papa quel maestro di orchestra capace di armonizzare i diversi strumenti.
La licenza in “Dottrina sociale della chiesa”, per me è stata un esperienza formativa di altissimo livello. Benché oggi un po’ sdoganata dalla società civile rappresenta un valido modello di alternativa sociale per il mondo intero. Proprio Papa Francesco ha ridato impulso alla dottrina sociale mediante il suo magistero.
La formazione che ho ricevuto presso il collegio Capranica, guidato prima da Mons. Ermenegildo Manicardi e successivamente da Mons. Riccardo Battocchio, si basa su cinque pilastri portanti che sono quello spirituale, teologico e culturale , umano e pastorale. Nel complesso servono a formare anzitutto la persona sia come uomo che come adulto responsabile, ed in particolare servono a comprendere meglio la chiamata alla vita sacerdotale. Posso dire che nel complicato mondo della vita comunitaria, tra alti e bassi, ho avuto modo di trovare persone di vario tipo e la grazia di scoprire veri amici. In questo ambito certamente gli amici sono fondamentali, in particolare penso a Don Giorgio Diana, con il quale c’è un’amicizia profonda e fraterna, una grande amicizia si è creata con Don Cesare Nicolai e Don Efisio Coni, che ringrazio per l’aiuto che mi stanno dando nel organizzare l’ordinazione presbiterale. Nel contesto diocesano posso ricordare anche Don Antonio Tamponi e Padre Massimo Maria Terrazzoni, i quali con discrezione e premura mi hanno fatto sempre dono di preziosi consigli e di grande sostegno soprattutto nei momenti più impegnativi del mio percorso formativo. Gli anni di formazione a Roma mi hanno regalato ulteriori amicizie in particolare quella di Don Nicola Pigna, presbiterio della Diocesi di Roma, con cui ho studiato e ho vissuto gli anni più intensi della formazione. In questo contesto non sono mancati gli amici di sempre, che mi hanno fatto sentire sempre a casa, e per questo li ringrazio.
Guardando agli anni di formazione, quali sono stati i momenti più importanti che hanno rafforzato la tua vocazione?
Certamente le tappe formative ed accademiche hanno rafforzato la mia persuasione nel portare avanti con perseveranza la vocazione al ministero ordinato. Ricordo con particolare emozione l’ammissione tra i candidati agli ordini sacri avvenuta nella cappella maggiore del seminario diocesano a Tempio, in un periodo appena successivo alla pandemia; in un clima intimo e familiare esperissi il mio primo “Eccomi”, questo primo “si alla Chiesa e a Dio”; come mi disse il mio rettore mons. Riccardo Battocchio, era una scelta tendenzialmente definitiva. Con il ministero del lettorato prima e dell’accolitato poi, ho consolidato sempre più il legame con la Sacra Scrittura e con l’Eucaristia. Con l’ordinazione Diaconale, quel “eccomi” tendenzialmente definito, si è sempre più conformato e confermato a Cristo, ed ora con l’ordinazione Presbiterale sarà pienamente accettato nella mia vita.
Cosa significa per te essere ordinato sacerdote nella tua Cattedrale, a Tempio, e ricevere l’ordinazione da Mons. Roberto Fornaciari?
Anzitutto l’ordinazione sacerdotale non è un fatto privato, ma deve essere un momento di condivisione e di preghiera per tutta la Diocesi. Certamente è anche un fatto personale in quanto come persona ricevo il carattere sacro dell’ordine Presbiterale, che ritengo essere una cosa enorme. Questo impegno, come tutti gli impegni, assunti con serietà e determinazione, vanno portati e coltivati ogni giorno, ma se ci si isola e si resta soli, diventano difficili da portare. Senza la grazia di Dio l’uomo da solo non sarebbe sufficiente a sopportarne il peso. Per questo la preghiera della Chiesa è di accompagnamento al ministero non soltanto il giorno dell’ordinazione ma soprattutto per il dopo, nella vita quotidiana. Sento molto tutto questo, come sento grande la preghiera delle persone che mi vogliono bene. Bisogna infatti pensare che là dove si compie il Bene c’è sempre qualcuno che desidera far fallire questo bene, distorcendo la realtà, mettendo zizzania, e creando divisione, paura, ansia e insicurezza. La preghiera unitamente all’aiuto concreto delle persone sono la migliore cura possibile per tutti questi mali che possono affliggere ogni donna e uomo che va a compiere la volontà di Dio.
In questo senso l’ordinazione presbiterale in cattedrale è un segno visibile della centralità della cattedra del vescovo successore degli apostoli, e quindi per me è un motivo di gioia ulteriore essere ordinato in un luogo così denso di significato. Certamente l’affetto per i parrocchiani di Nostra Signora de la Salette, in cui sono cresciuto e con cui ho condiviso molte gioie, come l’ordinazione Diaconale, e anche qualche dolore, non viene minimamente scalfito dal fatto che l’ordinazione avvenga in un luogo diverso dalla chiesa parrocchiale.
Per quanto riguarda il Vescovo Roberto certamente in questo primo anno di episcopato mi ha dato molta fiducia e incentivato i miei studi in vario modo. Ho apprezzato molto il suo interesse particolare nei confronti di tutti, so che ha incontrato tantissime persone e la totalità del clero diocesano, questo non è affatto un aspetto scontato per un Vescovo. Certamente i numeri non troppo elevati della nostra diocesi hanno consentito l’attuazione di questa conoscenza meticolosa e personale di tante persone, ma ripeto non è da considerarsi un fatto scontato. Io personalmente ricordo il giorno della sua ordinazione avvenuta il 16 settembre 2023; di lì a pochi giorni sarei dovuto partire per riprendere gli studi a Roma, e nonostante gli impegni e le urgenze che un nuovo vescovo deve affrontare, mi ha voluto incontrare per una chiacchierata nei giorni successivi. In seguito devo dire che non è mai mancato il contatto diretto con lui. Un’esperienza fondamentale è stata quella fatta subito dopo Natale; io e il seminarista Daniele Diana, preceduti dai seminaristi Riccardo Sanna e Alessandro Suelzu, abbiamo vissuto 5 giorni di esercizi spirituali guidati proprio dal Vescovo. Sono stati giorni intensi di preghiera e di dialogo, in cui abbiamo potuto conoscerci meglio sotto vari aspetti.
Un elemento di ulteriore interesse e riguardo del vescovo nei miei confronti è stata l’esperienza come delegato diocesano per la settimana sociale a Trieste. Dopo il mio rientro da Roma, le occasioni di incontro e di condivisione con il Vescovo sono state molteplici, e la sua attenzione nei miei confronti è stata sempre molto alta, premurosa e paterna, e per questo e anche altro sono felice di poter essere ordinato da lui e di iniziare con lui una proficua collaborazione al servizio della Chiesa di Dio che è in Tempio-Ampurias.
Quali sono i tuoi desideri e le tue speranze per il ministero sacerdotale che stai per iniziare?
Certamente il ministero sacerdotale resta un fatto enorme, ricco di grazia ma anche di responsabilità e impegno. Non so cosa aspettarmi, ma certamente spero di essere un uomo di ascolto, capace di essere prossimo a tutti, sull’esempio di Gesù il quale desiderava ascoltare i problemi e le necessità delle persone che incontrava lungo la strada, sia quelle “dentro il recinto” che soprattutto quelle fuori di esso. Essere prete oggi significa essere capaci di dialogo, avere l’umiltà di collaborare e la capacità di comprendere i propri limiti, imparare da chi ha più esperienza e competenza nei vari ambiti.
Vorrei essere capace di farmi prossimo anche a chi si trova lontano dalla Chiesa, a chi è caduto e non ha la forza di rialzarsi, a chi ha perso la fiducia, a chi è alla ricerca di senso, a tutti i nuovi poveri ed emarginati del nostro tempo.
Gesù ha detto: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”, questo è il mio augurio, nella mia scelta di seguire Gesù, prego e spero di portare la Sua Parola di salvezza a tutti.