Organizzato dall’Istituto Euromediterraneo e dalla Sezione diocesana dell’ Associazione Medici Cattolici Italiani, ha avuto inizio presso la Parrocchia di Sant’Ignazio, ad Olbia, la seconda edizione (la prima si era tenuta a Tempio in primavera) del percorso di formazione dal titolo “Il servizio alla vita, le sfide attuali alla luce della proposta cristiana”, sulla problematiche emergenti in bioetica. Si tratta di un percorso in 5 tappe nelle quali, partendo dall’antropologia cristiana e dalla teologia del corpo, si affronteranno le problematiche relative all’inizio vita (identità e diritti dell’embrione, interruzione volontaria di gravidanza, procreazione medicalizzata e maternità surrogata), al fine vita (eutanasia, suicidio assistito, cure palliative, assistenza al malato cronico), alla crisi della sanità pubblica con le relative conseguenze. Le tematiche, molto attuali ed in continua evoluzione (basti pensare che dalla scorsa primavera ad oggi sono usciti dei nuovi documenti del magistero, nuove disposizioni legislative, nuovi fatti di cronaca che sottolineano l’importanza e l’attualità di questi temi) sono state pensate per dare un sopporto agli operatori sanitari, ai volontari, agli operatori pastorali a tutti i livelli (catechisti, associazioni di volontariato) ed è aperto ovviamente a tutte le persone sensibili al problema.
Si è cercato di informare e coinvolgere le parrocchie cittadine ed i vari gruppi. Bisogna dire che la risposta è stata inferiore alle attese, comunque si è formato un piccolo gruppo di persone motivate che ha iniziato insieme questo cammino. Essendo appunto un cammino a tappe, chi volesse potrà aggregarsi in ogni momento (ad ogni fermata) anche a seconda di interessi personali o di impegno pastorale specifici. Gli incontri si tengono nella sala sant’Ignazio, con accesso dal porticato adiacente alla chiesa, dalle 10 alle 12 del sabato. Non è necessario iscriversi: chi è interessato può venire direttamente.
Da parte del nostro giornale, cercheremo ogni volta di portare un report riassuntivo per far risuonare in tutta la comunità le problematiche affrontate e l’esperienza vissuta. In spirito sinodale.
Nel primo incontro, lo scorso 9 novembre si è tenuta una breve introduzione sull’etica e sulla bioetica e sul significato di questi termini ha permesso di chiarire quali sono gli ambiti ed il metodo della bioetica: bios in greca significa vita, etica viene dal termine etos che in senso lato indica la “ricerca delle cose buone nell’interesse del bene comune”. Quindi l’ambito della bioetica è uno studio ed una riflessione sulla vita in tutte le sue manifestazioni con lo scopo di ricercare insieme le cose giuste e buone per migliorare, proteggere, custodire, il dono della vita. La bioetica è anche una scienza che presuppone il dialogo tra varie scienze (biologia, medicina, teologia, sociologia, psicologia) che insieme studiano e si parlano per avere una visione completa e possibilmente il più vicino possibile alla realtà, perché le singole competenze delle varie scienze esplorano l’ aspetto del problema che compete ad ognuna di esse.
Per questo è importante innanzitutto creare un metodo e ricercare sulla base di principi di riferimento etici e razionali derivanti sia dalla conoscenze ma anche dalle esperienze e : il primo riferimento deve comprendere una chiara antropologia. Cioè bisogna innanzi tutto rispondere alla domanda, non facile: chi è l’essere umano. E dagli un volto.
“Sempre più nella cultura occidentale si afferma una mentalità caratterizzata da alcuni tratti: individualismo, utilitarismo, materialismo, edonismo, che mira ad una realizzazione di se stessi da parte di se stessi. Il corpo non è più percepito dall’individuo come la forma concreta di tutte le sue relazioni nei confronti di Dio, degli altri e del mondo, come quella realtà che lo inserisce in un mondo in costruzione, in una conversazione in corso, in una storia ricca di senso… Il corpo appare piuttosto come uno strumento al servizio di un progetto di benessere che calcola come potrà trarre il profitto migliore. La sessualità stessa viene depersonalizzata e strumentalizzata : essa appare come una semplice occasione di piacere e non più come la realizzazione del dono di sé né come espressione di un amore che accoglie l’altro e si apre alla ricchezza di vita di cui è portatore. La relazione tra la tecnologia ed un corpo oggetto permette all’uomo di sfuggire al mistero dell’essere”.
Queste parole furono dette dall’allora cardinale Ratzinger al Concistoro Straordinario nell’aprile 1991; i concetti in essi contenuti sono stati ripresi quando divenne Benedetto XVI e sono un buon punto di partenza per la comprensione dell’uomo contemporaneo: è dall’uomo infatti che deve iniziare ogni riflessione etica e bioetica, senza “sfuggire l mistero dell’essere”.
Da qui, e dalla riflessione sulla corporeità, è iniziato il nostro percorso.
La riflessione sull’essere umano lungo la storia e le varie culture, ci ha portato a considerare l’essere umano come “persona”: una realtà complessa, caratterizzata da una unità inscindibile di spirito e materia (anima e corpo), dove queste due realtà non sono in contrapposizione ma sono sostanziali dell’essere umano. Un’unità già specificata da San Paolo nella lettera ai Tessalonicesi, che nella conclusione afferma la necessità di essere coerentemente ed unitariamente “di Cristo”, “corpo, anima e spirito”. E questa unitarietà rimanda alla nostra fede nella “resurrezione della carne” che professiamo nel Credo apostolico. La persona è una realtà complessa che è inserita grazie alla sua corporeità in una dimensione sociale ( di relazione) e storica: ognuno di noi è parte della storia, con la sua storia personale fa parte di una storia universale, è in un rapporto con gli altri dal quale non può prescindere.
Nella Teologia del Corpo Giovanni Paolo II ribadisce alcuni concetti fondamentali: nega la separazione manichea tra corpo e spirito, come se lo spirito fosse il bene (o più importante) e corpo(la corporeità) il male ( o meno importante); «il corpo, nella sua mascolinità e femminilità”, è «dal principio» chiamato a diventare manifestazione dello spirito e suo tempio»; Il corpo e la sessualità sono posti al servizio della «comunione delle persone umane».
Da tutto questo nasce la “dignità infinita” della persona. La” Dignitas infinita”, dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede circa la dignità umana, pubblicata recentemente, così si esprime nell’introduzione:
«Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti.
La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza.»
E’ da questi presupposti che può partire ogni altro passo del nostro cammino nell’affrontare le sfide che ci vengono poste dal progresso della scienza, della medicina, del vivere insieme, dalla storia. Affronteremo partendo da questi presupposti i problemi dell’inizio e fine vita, perché bisogna dare ad ognuno la“…dignità che spetta ad ogni persona umana al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi”, per concretizzare il nostro “impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere”: (embrione, feto, bambini, donne in difficoltà davanti alla gravidanza, anziani, malati, morenti, poveri …) insistendo ed operando perché la persona umana e la sua dignità siano difese di ogni circostanza.
Compito difficile, ma vale la pena provarci. Dobbiamo però prepararci.
Franco Pala