La chiesa parrocchiale di Trinità d’Agultu, collocata sulla piazza principale del centro gallurese, si presenta esternamente in granito a vista con una semplice facciata a capanna, con finestrone centrale rettangolare in linea col sottostante portale centinato. I fianchi laterali sono rinforzati da tre contrafforti per parte, corrispondenti agli archi diaframma interni che dividono le campate dell’aula, con la parte presbiteriale ridotta in larghezza e chiusa da un’abside emiciclica, su cui, verso settentrione è addossata la sacrestia e la torre campanaria a canna quadrata e cella dotata di cuspide a piramide.
L’interno è ad aula unica divisa in quattro campate, di cui tre verso l’altare illuminate da finestroni quadrangolari aperti sul lato meridionale, separate da archi diaframma a tutto sesto reggenti un tetto ligneo a due falde. Al termine della navata trova posto il presbiterio a pianta quadrata ridotto in larghezza di circa la metà dell’aula, coperto con volta a vela, illuminato da un finestrone a lunetta sul fianco meridionale e chiuso in fondo, dietro l’altare, da un’abside semicircolare con catino a quarto di sfera. L’edificio realizzato molto probabilmente tra il 1720 e il 1730 ed eretto a parrocchia nel 1813, presenta al suo interno alcuni elementi di pregio artistico, come la statua della Trinità collocata nella nicchia centrale dell’altare maggiore realizzato in muratura, con semplice mensa sormontata da due alti gradini su cui poggia l’alzato chiuso alle estremità da due semicolonne ioniche reggenti una trabeazione con cornici appena segnate. La scultura lignea policromata, che secondo la tradizione proverrebbe dalla vicina Corsica, presenta Dio Padre in piedi abbigliato con tunica, stola e piviale riccamente ornati in estofado de oro (una tecnica con cui si imitavano i tessuti pregiati), barba e capelli lunghi che incorniciano il volto assorto, mentre regge il Crocifisso sormontato dalla colomba dello Spirito Santo. Si tratterebbe di un insieme che comprende la più antica scultura lignea del solo Dio Padre, che si rifà a noti modelli iconografici quattro-cinquecenteschi, risalente per i suoi caratteri morfologici e per la resa evidentemente tributaria del manierismo tardo ad un periodo compreso tra la fine del ‘500 e l’inizio del secolo successivo, forse prodotta da una bottega corso-ligure, mentre il Crocifisso con la colomba dello Spirito Santo, che dimostrano la conoscenza del naturalismo seicentesco pur tradotto in chiave quasi vernacolare, risalirebbero all’inizio del XVIII secolo, epoca in cui fu realizzato l’edificio.
Oltre il simulacro del titolare, la chiesa custodisce anche un Crocifisso ligneo policromato con braccia snodabili del tutto simile a quello della chiesa di Santa Croce di Aggius, assegnato a bottega sarda di ispirazione iberica con una datazione alla metà del XVII secolo, cronologia che può essere indicata anche per quello di Trinità. Interessanti sono anche la Vergine Dormiente, contraddistinta da un linguaggio vernacolare e assegnabile a bottega locale del XVIII-XIX secolo e il dipinto firmato da Slari delle Anime purganti, sistemato nella seconda campata a destra. Di notevole pregio, infine, sono l’acquasantiera in marmo neoclassica, con piede a balaustrino ornato da foglie sul nodo, certamente di bottega genovese del terzo decennio del XIX secolo e il grande dipinto della Crocefissione (cm 207×142) attribuito al pittore fiammingo Hans Jordaens il vecchio (Anversa 1555, Delft 1630), donato da un benefattore recentemente, che a sua volta lo acquistò ad un’asta nel 1999 ad Amsterdam. L’opera, proveniente da una collezione privata e già attribuita a Jan van Scorel, è stata riconosciuta da Wansink con la pala documentata attorno al 1610-20 della Oud-Katholieke Kerk di Delft e dipinta dall’artista fiammingo dopo il 1598, anno in cui lasciò Anversa dove era iscritto alla gilda dei pittori, secondo modelli ancora tardo cinquecenteschi.
A cura di PhD Prof. Luigi Agus
Cattedra di Storia dell’Arte Moderna
Accademia di Belle Arti di Palermo